la sentenza

Con la sentenza n. 4035 del 16/02/2021 la Suprema Corte di Cassazione, Sez. III Civile, ha affermato che “In tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, ove sia dedotta la responsabilità del custode per la caduta di un pedone in corrispondenza della sconnessione o buca di un marciapiede, l’accertamento della responsabilità deve essere condotto ai sensi dell’art. 2051 c.c. e non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell’esclusione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227 comma 1 o 2 c.c.), richiedendosi, per l’integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno”.

i fatti e il processo

La vicenda esaminata dalla Corte riguardava la richiesta di risarcimento del danno avanzata da una signora inciampata su di una mattonella sconnessa nei confronti del proprietario del tratto di strada.

In primo ed in secondo grado l’attrice vedeva rigettata la propria domanda: in particolare, i Giudici di merito ritenevano di non accogliere la richiesta risarcitoria per difetto di prova circa la “non visibilità del pericolo” e la “non prevedibilità dell’evento dannoso” da un lato e, dall’altro, ravvedendo un’interruzione del nesso causale tra il bene (manto stradale) e l’evento (caduta) determinata dalla scarsa diligenza della stessa attrice.

La Cassazione, nell’accogliere le doglianze della ricorrente, ha precisato che la condotta del danneggiato non è sufficiente di per sé sola ad escludere il nesso causale fra la cosa e il danno.

Secondo il Supremo Collegio, infatti, la condotta, per interrompere il nesso causale, deve essere imprevedibile e non prevedibile ex ante. In difetto, essa potrà rilevare solo e soltanto per la determinazione del danno, secondo quanto previsto dall’art. 1227 c.c..

l'art. 2051 c.c.

Al fine di meglio comprendere il ragionamento della Corte di Cassazione, occorre tenere bene a mente il disposto dell’art. 2051 c.c., “Danno cagionato da cosa in custodia”, secondo cui: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito“.

La norma disciplina un’ipotesi di responsabilità oggettiva: il danneggiato deve provare l’evento, il danno subìto, il rapporto di custodia tra l’asserito responsabile e il bene, il nesso causale tra il bene e l’evento.

Unica esimente della responsabilità del custode è il cd. “caso fortuito”, ossia un fatto esterno caratterizzato dalla non prevedibilità e non prevedibilità e che può consistere in un fatto naturale, nel fatto di un terzo o della stessa vittima.